Il Futurismo non Passa Mai

17 febbraio 2013 ESSEN - A Taste Magazine

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Nel 2009, centenario del Manifesto Futurista di Marinetti, abbiamo assistito ad un “funghesco” pullulare di cene futuriste, dagli stellati alle trattorie fuori porta molti hanno voluto dedicare, per sincero omaggio o per moda o perché bisognava farlo, una qualche attenzione alla cucina futurista.

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In realtà dovremo aspettare ancora qualche anno per il “vero” centenario della cucina futurista visto che Marinetti e Co. (uno su tutti, Fillià) stilarono un Manifesto ad hoc, apparso nel 1930.

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L’anno seguente il vulcanico poli-artista inaugura a Torino la Taverna del Santopalato dove, in un locale completamente rivestito in alluminio, si servono vivande per stomaci rivestiti in alluminio.

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Le cronache di clienti che diventano pazienti, passando direttamente dalla tavola al letto d’ospedale, non mancano ma di certo non fermano Marinetti e i suoi soci, fermamente convinti che “tutti dovrebbero avere la sensazione di mangiare opere d’arte”… Sulla natura delle opere d’arte servite al Santopalato se ne è discusso e se ne potrebbe discutere ancora a lungo, mi limiterò a dire che provai anche io ad organizzare una cena con ricette filologicamente tratte da “La cucina futurista, un pranzo che evitò un suicidio” di Marinetti e Fillìa, e i risultati furono scoppiettanti, per almeno quattro dei cinque Sensi – decidete voi quale rimane escluso quando ti nebulizzano un’acqua di colonia al garofano sulla nuca mentre, chiuso dentro una cabina dalla luce soffusa, ti infili in bocca, con la mano destra, olive, finocchi e chinotti mentre con la sinistra sfreghi un quadrato di carta vetrata accompagnato da un rumore d’aeroplano che si mescola a “dismusica” di Bach.

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Ma il 2009 è un millennio fa, parlare di cucina futurista nel 2013 è anacronistico e, peggio, assolutamente fuori moda.

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Dannazione…vabbé, chissenefrega! In fondo non voglio parlare della cucina futurista ma solo di un fantastico aperitivo creato da uno dei più poliedrici ed eclettici artisti non solo del movimento ma dell’arte italiana del Novecento: sto parlando di Fortunato Depero e della sua mirabolante “coppa di brividi”.

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La scorsa settimana Panem era in trasferta a Rovereto per un catering a modo suo, in coincidenza con l’inaugurazione al MART del “Progetto cibo. La forma del Gusto” (parafrasando una sciocca barzelletta potremmo dire che abbiamo “quasi” lavorato al MART, eravamo solo a qualche centinaio di metri!).

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Non potevamo esimerci da un omaggio all’artista trentino e nella ricerca per l’elaborazione del menu della serata ci siamo imbattuti in una sua stampa che ci ha ipnotizzato.

Un bianco e nero stilizzato che raffigura un flûte e diverse forme geometriche dentro e intorno ad esso. La struttura funzionale della forma caratterizza la visione deperiana e il disegno della coppa, per la sua essenzialità, appare come un progetto tecnico dove ogni elemento raffigurato è nominato a mo’ di istruzione, iconicamente fa venire in mente l’arancia di Munari di “Good Design” (che, tra l’altro, apre in grande stile la mostra del MART).

La semplicità delle linee e dei volumi restano però sulla carta perché all’atto pratico la “coppa di brividi” è, giustamente, da brividi. Il bicchiere è riempito con vermut e cognac fino all’orlo cosparso di zucchero; immerse nel cocktail una fetta d’arancia, piccole coste di pera e alcuni chicchi d’uva sul fondo; la base del bicchiere si perde tra fette sottili di patate fritte.

Dopo alcuni tentativi empirici alla ricerca di un, seppur vago, equilibrio abbiamo trovato un gusto soddisfacente (con materie prime di semplicissima reperibilità) grazie a qualche piccolo aggiustamento. Il cocktail risultante in omaggio al suo creatore primigenio è il Deperitivo (popolarizza un po’ gli ingredienti originari e macera la frutta ma è tutt’altro che deprimente!).

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Eliminato lo zucchero dal bordo del bicchiere, sostituito il vermut classico con il meno dolce Punt e Mes e fatto largo ad un brandy un po’ più “da battaglia” rispetto ad un raffinato e prezioso cognac l’ultima difficoltà è stata trovare le dosi e il metodo di miscelazione corretti. Ovviamente per rimanere un aperitivo il vermut deve prevalere sul brandy; lo shaker, infine, si è rivelato lo strumento adatto al nostro scopo. Abbiamo fatto anche un tentativo di aggiungere seltz per alleggerirlo un po’, sbagliato: la coppa di brividi deve avere un gusto intenso, se no che brividi sono?

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Il Deperitivo (o coppa brividi remixed) è stato un successo (estetico e di gusto) e una bella scoperta che ci accompagnerà nella prossima stagione di aperitivi, chi vuole provare?!

Ingredienti per un’ottimo Deperitivo

7 parti di Punt e Mes

3 party di brandy (Stravecchio o Vecchia Romagna)

1 fetta di arancia

1 costa di pera abate matura

1 chicco d’uva aperto a metà

Shakerate il Punt e Mes con il brandy e versateli nella coppa gelata dove avrete già disposto la frutta tagliata. Lasciatela macerare per qualche minuto prima di servire. Potete shakerare con un paio di cubetti di ghiaccio, ma non versateli nella coppa, sciogliendosi annacquerebbero troppo l’aperitivo, poi sì che diventa deprimente!

Articolo pubblicato originariamente su ESSEN – A Taste Magazine