Il Baccalà alla Gardesana e altre Storie

24 marzo 2013 ESSEN - A Taste Magazine

Quando nel dicembre del 1432 il capitano veneziano Pietro Querini abbandonò la sua cocca, Querina, che da mesi ormai andava alla deriva a largo delle coste nord-orientali irlandesi, sapeva sicuramente che sarebbe stato duro portare a casa la pelle; sapeva che molti dei suoi uomini e compagni di viaggio non sarebbero sopravvissuti al naufragio; sapeva anche, senz’altro, che la prima terra che avrebbero incontrato sarebbe stata una fredda landa del Nord (l’isola deserta di Sandøy, in effetti). Sapeva certamente tante altre cose, da uomo di mondo ed esperto navigatore qual’era, ma altrettante, e molte di più, le ignorava: il fatto che nei secoli sarebbe stato ricordato per averci fatto conoscere lo stoccafisso (un nobile motivo, a mio avviso) e lo stoccafisso medesimo erano due di queste.

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Non lo ignoravano (lo stoccafisso), invece, i pescatori di Røst, piccola isola dell’arcipelago delle Lofoten norvegesi, che avvistarono, salvarono e accolsero i naufraghi veneziani e che fin dai tempi dei Erik il Rosso usavano essiccare al freddo vento del nord il merluzzo artico che pescavano nell’Atlantico settentrionale, ottenendo da questa lavorazione una provvista altamente energetica (a parità di peso il merluzzo essiccato fornisce tra le due e le quattro volte le calorie di quello fresco), conservabile, leggera e facilmente stivabile.

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Altra cosa che il capitano ignorava, alla pari di tutti gli altri soggetti coinvolti in quella vicenda (stoccafisso compreso), era che avrei menzionato la loro storia per parlare di una ricetta che nasce ben lontano dai fiordi norvegesi e si accasa sulle più miti sponde del nostro bel lago di Garda.

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Ricordando che in Veneto si usa comunemente il termine “baccalà” anche quando ci si riferisce allo stoccafisso (la questione linguistica meriterebbe un approfondimento a parte), nella graziosa località di Garda, sotto l’imponente Rocca rocciosa che sovrasta il versante veronese del lago, si prepara un piatto tipico che prende appunto il nome di “baccalà alla gardesana”.

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Sgomberiamo il campo da eventuali equivoci: non voglio stilare classifiche di gradimento né distribuire attestati di primogenitura; non voglio generare lotte di campanile – siamo tra i primi consumatori di stoccafisso e baccalà al mondo ed è naturale che le varianti territoriali siano numerosissime, considerando che in Italia, quando si parla di cucina, abbiamo un campanile ad ogni porta – né fare torto ad altre più note ricette protette secolarmente da ordini e confraternite quasi mistiche, così evocative e rigorose da divenire addirittura colorato folklore televisivo.

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Mi limiterò a dire che la ricetta gardesana mi ha incantato per come riesce a dare cremosità al piatto senza mantecare né usare una goccia di latte e/o di burro e allo stesso tempo, pur usando parecchio olio, evita pastelle, infarinature e successive fritture alla base di altre note ricette italiche, più centro-meridionali.

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Il baccalà è un piatto invernale, quello alla gardesana non fa eccezione, si serve con la polenta (come le altre preparazioni venete) e si accompagna bene con un Bardolino Superiore, rosso leggero dal profumo delicato e dal sapore asciutto e leggermente amarognolo, che si produce nella zona sud-orientale del lago.

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Dicendo lago di Garda è lecito pensare ad un inverno atipico, una bella giornata di sole con brezze leggere e profumi anticipati di primavera (certo non in gennaio magari, ma già verso fine febbraio, inizio marzo…): lo scenario ideale per gustarsi un bel piatto di pesce.

Se però così non fosse, non abbattetevi. Camminando solitari (perché con il brutto tempo i gitanti si riducono) verso punta San Vigilio, in una giornata nella quale la nebbia bassa cancella la sponda opposta del lago e lo sguardo si perde nel grigio indistinto di acqua e cielo, potreste trasformare con un po’ di fantasia le linee appena accennate della terra di là dall’acqua nei faraglioni di Røst e sentirvi anche voi un po’ naufraghi, come il capitano Querini, come in fondo, da sempre, siamo un po’ tutti.

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Baccalà alla gardesana

Ammollare lo stoccafisso per circa 30 ore, lessare per 10 minuti circa, lasciare poi nell’acqua di cottura per 10/12 ore, pelare, spolpare diliscare.

In un tegame largo far rosolare nell’olio delle cipolle tagliate sottili, uno spicchio d’aglio e alcune acciughe diliscate. A cipolla ben appassita, aggiungere lo stoccafisso a tocchetti, sporcate con poca polpa di pomodoro, un po’ di acqua di cottura, sale (q.b.) e pepe. Cuocere lentamente per circa 2 ore.

Per 700/800 gr. di stoccafisso occorrono ca. 200 gr. di olio, 2 cipolle, 1 spicchio d’aglio, 7/8 acciughe salate e acqua di cottura quanto basta a mantenere il tutto molto morbido.

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Articolo pubblicato originariamente su ESSEN – A Taste Magazine