Ricordi da Lastovo

8 settembre 2013 ESSEN - A Taste Magazine

Lastovo è una piccola isola della Croazia.

Bella particolarità, direte voi, per un Paese che ne conta 1244. Di queste solo 67 ospitano insediamenti umani e urbani (non sempre le due cose coincidono), Lastovo appartiene tecnicamente a questo ristretto gruppo: oggi, però, vi appartiene però in maniera molto blanda. Fino al 1992 le acque dell’isola sono rimaste chiuse, su ordine della Marina Militare jugoslava, per ragioni strategiche… forse gli alti ranghi volevano l’esclusiva sulle aragoste o magari il brodetto di scorfano doveva rimanere top secret, fatto sta che mentre il Dream Team USA sbriciolava proprio la Croazia nella finale olimpica di Barcellona a Lastovo ancora non si poteva mettere piede.

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Chissà, magari la grande passione di tutta la ex-Jugoslavia per il basket indusse ad aprire l’isola  verde (pare sia questa l’etimologia di “Lastovo”) ai civili come premio di consolazione; se così fosse, ancora oggi a qualche anno di distanza, permettetemi di ringraziare Michael Jordan e compagni, Lastovo è un bel regalo “collaterale” alla magia di quella pallacanestro che nemmeno gli sconfitti croati avranno mai potuto obiettare.

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Come tutta la Croazia costiera anche Lastovo ha il suo nome italiano, sulle carte nautiche del nonno Diego, esule istriano mai domo e skipper velico per decenni lungo le coste adriatiche, è Lagosta, ultimo residuo della provincia italiana di Zara passata sotto il controllo della Federazione Jugoslava solo col trattato di Parigi del 1947.

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Come tutta la Croazia, come tutto il Mediterraneo, come tutto il Mondo, in agosto pare sia effettivamente italiana (non lo scopro oggi, ma oggi ho le ferie solo in agosto e quindi fatemi usare la banalità!) e quindi più Lagosta che Lastovo, nonostante la “crisi” che mi prendo la libertà di mettere tra virgolette perché molto spesso mi pare più l’uomo nero che fa paura ai bambini che qualcosa di davvero reale, un’induzione ipnotica paralizzante che Mcluhan e Bourdieu non avrebbero faticato molto a ricondurre ai media.

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Per fortuna Lastovo non è così immediata da raggiungere come altre mete croate, non ha grande capacità di ospitalità (l’intera isola misura appena una cinquantina di chilometri quadrati ed è percorsa da una sola strada asfaltata) e i piccoli centri urbanizzati sono sufficientemente piccoli da non consentire la sovrappopolazione agostina.

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La maggior parte dei turisti arriva in barca (non in barconi o traghetti ma in barca a vela, catamarano, motosailer, yacht simili a giganteschi ferri da stiro e, qualche volta, anche velieri – per lo più battenti bandiera del Commonwealth) e non staziona nello stesso posto per più di un paio di giorni. Chi usa il mezzo in modo adeguato, poi, si nasconde nelle decine di calette meravigliose nascoste in ogni angolo dell’isola e del suo arcipelago e raggiunge le darsene solo per lo stretto necessario, che comprende, ogni tanto, una bella mangiata in un paio di posti che valgono la sosta.

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La Konoba Porto Rosso a Skrivena Luka e la Konoba Aragosta a Zaklopatica sono senz’altro due nomi che vale la pena segnarsi. Il primo è senza dubbio il locale “fighetto” dell’isola, una cucina semplice con pesce sempre freschissimo (tre pescherecci diversi lo riforniscono quotidianamente) e qualche moderata fantasia come l’orzo al pesce affumicato e finocchio di mare (se i cereali non vi gonfiano come mongolfiere è davvero ottimo, se invece vi gonfiano è ottimo lo stesso ma siate coscienti delle conseguenze); il secondo, più casereccio, offre meno fantasia ma la stessa qualità nel pescato in un’atmosfera decisamente informale. Al Porto Rosso è da provare il brodetto di scorfano, se avrete la fortuna che lo stracuociano (come è capitato a noi) è una cosa divina, altrimenti è comunque un ottimo brodetto in cui vengono adagiati pesci interi (dieci punti in più) accompagnato da una polenta grezza leggermente acidula che può piacere o meno ma è in ogni caso particolare. All’Aragosta prenotate con qualche ora di anticipo la “peka” di polpo. La “peka” è una campana di ghisa che ricopre una casseruola (solitamente di ghisa smaltata) dove si sistemano la carne e le verdure. La campana si sistema accanto al fuoco vivo dentro i forni a legna in cui si fa comunemente la griglia e si ricopre di carboni ardenti in modo che il contenuto riceva calore uniformemente da ogni direzione e si cuocia di conseguenza. È una cottura che richiede tempo (che sicuramente non vi manca, se siete a Lastovo) solitamente nei ristoranti non la si fa espressa ma si deve prenotare con almeno tre ore di anticipo, ma vale la pena di ricordarsene perché quello che mangerete, a sua volta lo ricorderete a lungo.

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È una preparazione che nell’interno del Paese si riserva, di solito, all’agnello o al capretto, motivo per cui il polpo è stata una sorpresa squisita. Giuro che se avessi un motoscafo superveloce ormeggiato a Vieste ci farei un salto tutte le domeniche: i tentacoli caramellati e le patate croccanti e cremose al tempo stesso forse mi farebbero dimenticare che odio i motoscafi superveloci.

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Brodetto di scorfano

INGREDIENTI:

1 kg di scorfano

½ dl di olio d’oliva

20 grammi di cipolla

4 spicchi d’aglio

1 mazzetto di prezzemolo

40 grammi di pomodori pelati

10 grammi di olive nere

sale

4 dl di Lastovo Maraština (va bene un vino bianco secco fermo)

Preaparazione

Pulite lo scorfano ed evisceratelo. Friggete in olio caldo, la cipolla tritata, aggiungete un trito di aglio, prezzemolo e pomodori a fette e pelati. Dopo cinque minuti, aggiungete le olive denocciolate, sale, vino e 2 once di acqua. Fate stringere la salsa e disponete il pesce che cuocerete a fuoco basso per 25-30 minuti (anche qualcosa di più in proporzione al peso, controllate comunque la consistenza della carne durante la cottura). Non mescolate ma girate soltanto la zuppiera.

Servite con polenta o con riso basmati insaporito con parte della salsa della zuppa.

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Articolo pubblicato originariamente su ESSEN – A Taste Magazine