Bouillabaisse nella Capitale Europea 2013

21 luglio 2013 ESSEN - A Taste Magazine

“Marsiglia […] è una donna che si offre a chi viene dal mare”.

Forse è il mito fondatore della città ad ispirare le parole di Diamantis, capitano in seconda dell’Aldébaran in uno dei romanzi più toccanti di Jean-Claude Izzo, Marinai perduti.

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La leggenda vuole che Gyptis, figlia del re dei liguri Nanno, durante il banchetto nuziale deciso dal padre, scelse come suo sposo il focese (greco proveniente dall’odierna Turchia) Protis, giunto sull’ansa del Lacydon (dove ora si trova il Vieux Port), assieme al compare Simos, per domandare al sovrano ligure la possibilità di edificare una città in quel luogo.

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Lo storico romano Marco Giustiniano Giustino narra che «introdotta quindi la vergine, avendo ricevuto l’ordine dal padre di offrire dell’acqua a quello che aveva scelto come marito, allora trascurati tutti si volse ai Greci e offrì l’acqua a Protis che, da ospite divenuto genero, ricevette dal suocero un luogo su cui fondare la città. Massilia fu quindi fondata vicino alla foce del Rodano, in un golfo appartato, come in un angolo di mare».

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La città provenzale si definisce fin dall’origine per l’accoglienza e l’integrazione, nasce dall’amore  di una ragazza del luogo per uno straniero; molti marsigliesi sono legati a questa storia, poco importa che sia verità o leggenda, è il potere simbolico che conta e tanto basta.

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“Marsiglia è una donna che si offre” a traffici e genti; come tutte le città portuali è crogiolo di culture e meticciaggi; come tutte le città portuali ha il fascino decadente dei vicoli stretti e maleodoranti, delle stradine sconnesse e dei quartieri malfamati (o presunti tali), delle bettole che si nascondono alla luce del sole; come tutte le città portuali ha odore di mare un po’ stantio che si mescola al gasolio delle navi, ha gli immancabili autoctoni che pescano tra le chiazze d’olio delle barche ormeggiate con l’altrettanto immancabile capannello di amici o semplici curiosi che commentano e scambiano pareri, chi in un impassibile silenzio fatto di occhiate significative, chi borbottando incomprensibilmente come un temporale estivo che si avvicina; chi vociando e gesticolando da vera “sceneggiata napoletana” con l’enfasi e l’energia riunita delle sponde nord e sud del Mediterraneo.

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Sullo sfondo, la Provenza delle erbe e dei profumi si intreccia alla Canebière dei romanzi di Izzo, Les Calanques di Cassis fanno da quinta allo Chateau d’If, la celeberrima prigione del Conte di Montecristo, La Cité Radieuse, pietra miliare dell’architettura di Le Corbusier fronteggia il nuovo ampliamento del mitico Velodrome (lo stadio dell’Olympique de Marseille); Le Panier, lo scalcagnato quartierino appollaiato sopra il Vieux Port con una nomea ingiustificatamente brutta – soprattutto se confrontata con l’atmosfera rilassata dei pomeriggi che trascorrono pigri e leggeri all’ombra dei tanti baretti dove sorseggiare pastis o kir – cui fanno da contraltare le avveneristiche architetture della Villa Méditerranée di Boeri o del MuCEM di Rudy Ricciotti, a qualche decina di metri dalla sorprendente tettoia riflettente in acciaio inox con cui l’inglese Norman Foster a voluto recuperare il Quai des Belges, il bordo orientale del Vieux Port da tempo ormai difficilmente accessibile ai pedoni e che ora invece è tornato ad essere piazza e luogo di ritrovo e di condivisione per i marsigliesi e i numerosi turisti che gravitano nell’area del porto vecchio, compresi quelli che vi transitano per imbarcarsi sui piccoli traghetti alla volta de L’Estaque, il quartiere che nell’Ottocento era regolarmente frequentato da Cézanne, Braque, Derain, Dufy, Renoir e dove oggi, la domenica si respira il profumo di grigliate speziate delle famiglie di nordafricani che si riuniscono regolarmente per condividere una giornata di relax.

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“Sì, ma il cibo?” direte voi. Beh, il cibo di Marsiglia è come Marsiglia, e non è una “catalanata” alla Arbore, è che è il modo migliore per descrivere come e cosa si mangia nel capoluogo provenzale.

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Le cucine mediorientali e nordafricane non si contano, Libano, Algeria, Tunisia, Marocco, Giordania; la Cina (come potrebbe mancare?) e anche un po’ di Giappone; la nostra cucina, ovviamente, ha la sua fetta importante ma soprattutto ha influenzato quella locale, specialmente negli accompagnamenti del pescato; sopra tutto questo c’è lei, la regina della cucina locale, la bouillabaisse. Come tutte le zuppe di pesce la sua origine è povera, il classico invenduto della giornata che i pescatori cuocevano a fuoco alto e ritiravano appena iniziava il bollore (da qui il nome bouillir e abbaisser); da sempre controversa la composizione originale, sebbene alcune indicazioni di massima sono la predilezione del pesce di scoglio, l’assenza di mitili, così come di aragosta e pesci fini (da considerarsi un integrazione parigina del tardo Settecento), di pesce azzurro (anche se molti testi, anche autorevoli lo includono) e l’uso del saporito granchio di scoglio; le varietà dovrebbero essere molte così che il peso del pesce non dovrebbe mai essere inferiore ai tre chili (adatto per almeno sei commensali).

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Difficile rinunciarvi nonostante il prezzo non esattamente popolare e difficile anche trovarne una davvero buona senza averla prenotata il giorno prima.

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Poi ci sono le sorprese, degne di una metropoli di ben più vaste dimensioni e che invece hanno trovato qui la loro dimensione perché “Marsiglia è una donna che si offre a chi viene dal mare”. E proprio dal mare è arrivata la mia esperienza più curiosa e gustosa: in un vicoletto a sud del porto vecchio, incorniciato da una parete dipinta con un murales che è tutto un programma ho trovato un locale delle Isole Reunion.

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Introdotti da una “impegnativa” route du rhum piatti davvero originali come l’anatra al barboun e vaniglia, il sanguinaccio al cacao e salsa agrodolce o i raviolini di pasta ripieni di maiale stufato e citronella si sono susseguiti allegramente, accompagnati da abbondante Cagole (la marsigliese “biere du cabanon”), in un’esplosione di sapori che meglio non avrebbe potuto rispecchiare l’animo multiforme di una città che si offre…non solo a chi viene dal mare.

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P.s.: Marsiglia è capitale europea della cultura 2013, approfittatene.

Articolo pubblicato originariamente su ESSEN – A Taste Magazine